131. MANIFESTO PER LA RINASCITA DELLA FILOSOFIA

1.
La filosofia è, di fatto, morta.
Si è trasformata principalmente in storiografia, critica della scienze sperimentali e letteratura.

2.
L’accademismo, nel senso più lato del termine, è il virus che l’ha uccisa. Esso consta, nel migliore dei casi, di una resa alla vita attuale e ordinaria, o addirittura della scelta di essa; di baronismo, “carriera”, conferenze e pubblicazioni, nel peggiore.
La causa più profonda e ormai invisibile dell’accademismo è lo smarrimento dello scopo della filosofia.
Chi oggi “si occupa” di filosofia punta  all’affermazione personale o al “mestiere di filosofo”, ossia il docente, lo studente, il saggista, il giornalista, lo storico (o addirittura l'”opinionista”, la cui sinonimia con “filosofo” è impossibile per definizione).

3.
Scopo della filosofia è la conoscenza. Significato del termine “filosofia” è, né più né meno che letteralmente, l’amore della sapienza.
Per “sapienza” s’intende la conoscenza dei principi che regolano il mondo, nel senso più complessivo del termine, o la comprensione più inoppugnabile del perché tali principi non possano darsi, nel caso non si diano.
Essa, per ciò, non è né scienza, nel senso moderno del termine, né mera espressione artistica; la sua aspirazione è mistica ma il suo metodo è razionale.
In tal senso, la filosofia deve rinascere in quanto necessità umana. La necessità esistenziale per eccellenza, per alcuni uomini.

4.
Osta alla rinascita della filosofia l’intero sistema attuale di valori. La filosofia è l’unica vera perversione contemporanea, ciò che è più implicitamente vietato!
Essa, infatti, aspira alla massima inutilità, ponendo nella sapienza il valore maggiore.

5.
La rinascita della filosofia avviene abbandonando tutte le lusinghe dell’attualità. I soldi, il lavoro e il sesso non sono fini ma mezzi per il sostentamento della biologia  dell’essere umano, nient’altro.
Il successo e l’ammirazione dei più, invece, sono semplicemente disvalori.
Le pubblicazioni, le conferenze, la “pubblicità”, lo strepito, il “sociale” e l'”attuale” sono dannosi, prima ancora che inutili, allo scopo filosofico.
L’impegno politico del filosofo riguarda, al massimo, la comunità dei filosofi, solo per essa la sua battaglia.
Non pubblica “libri di filosofia”. La scrittura, in filosofia, ha solo valore mnemonico.
Non fa “conferenze filosofiche”, la conoscenza si trasmette e si riceve, al più, dialetticamente, affrontando amichevolmente altri filosofi in carne ed ossa.
Non promuove se stesso ma ricerca con dedizione ciò di cui ha bisogno vitale.
E’ umile, ma indifferente all’approvazione altrui. Piegarsi ai valori altrui è, anzi, la sola possibile forma di fallimento personale.

6.
Sarà dunque chiaro al lettore che il presente manifesto è differente da ogni altro manifesto tipico, essendo implicitamente impolitico e asociale. Esso non propone idee-guida né linee d’azione perché non vuole organizzare né incrementare nessun potere. Non indica, insomma, vie da percorrere all’idiozia ma, semplicemente e risolutamente, la rifiuta.
Per rendersi pratico non propone cose da fare ma, con un salto logico, punta all’interiorità del lettore e all’unico pensiero vincolante al cambiamento: la rinascita della filosofia non è che un riconoscerla per il suo brillio di diamante nei fanghi dell’attualità.
Se ci si riconosce filosofi, il resto è conseguenza pratica.

(primavera 2010)

 
 
 
 

123.


Doppia frustrazione. – Non tolleriamo che chi riesca ad accedere alla nostra vulnerabilità, non abbia un sussulto. Inversamente, non restiamo turbati quando accedendo alla vulnerabilità altrui, non palpitiamo.

  

 
 

119.


Dello spammismo.
Vattimo e i suoi discepoli incarnano perfettamente la morte della filosofia e sono già oltre il "pensiero debole" di cui parlano. Possono, a buon diritto, considerarsi i fondatori della più massiccia corrente pseudofilosofica contemporanea: lo spammismo. In essi il pensiero è già morto e si è tramutato in marketing, lo spam in attività primaria: oltre la pochezza del pensiero è l’invasiva autopromozione a dover trionfare, bisogna vendere libri che non lasceranno traccia di sé. Verranno obliati ma a loro non importa, come iene vivono della putrefazione della filosofia che loro stessi hanno voluto cadavere.
 
 
 
 

Rido


  Rido delle pose, delle drammatizzazioni, delle razionalizzazioni, delle palpitazioni ad arte. Rido di tutta la retorica dei sentimenti, di ogni scimmiottatura di Purezza e Perfezione che voglia coprire l’essere scimmia di parte dell’uomo. Rido delle difese inutili e degli attacchi patetici a difesa dei propri fantasmi. Rido della fantasia malata che è il pensiero e del pensiero malato che crede che il mondo sia il proprio privato mondo fantastico, privato del mondo. Rido della costrizione a mentire o di quella a vivere, che è lo stesso, ma non della vita stessa. Rido della viltà e più ancora di ciò che l’ammanta di prodezza. Rido di chi vede solo con gli occhi e non sente ciò che non ha voce. Rido di me stesso perché in fondo non ne sono capace.

  
 

41.

 

Deve essere un’invenzione del diavolo la religione nel senso della maggior parte dei monoteisti. Come si può pretendere che si creda ad un dio che ci concede la grazia perché lo aduliamo? Che razza di mostro vile e vanaglorioso sarebbe un dio del genere?