143.

Nella radice della filosofia è già la sua fine – La hybris era già vittoriosa nell’esistenza stessa della filosofia greca col suo sfrenato agonismo argomentativo. In quel contesto, voler dimostrare la pericolosità della hybris, della sfrenatezza, era già segno di qualche sfrenatezza, di un dissidio interno. Per questo il concetto di hybris era da riportare su un piano religioso e morale, com’era naturale per i greci arcaici: “morale” è anche qualcosa di fondante, qualcosa cioè a partire dal quale il discorso e l’azione possono iniziare ma che rimane fuori discussione. Discutere di certe cose, d’altra parte, è immorale per le conseguenze intrinseche dell’atto che consistono nella rovina di chi discute.

 

 

 

131. MANIFESTO PER LA RINASCITA DELLA FILOSOFIA

1.
La filosofia è, di fatto, morta.
Si è trasformata principalmente in storiografia, critica della scienze sperimentali e letteratura.

2.
L’accademismo, nel senso più lato del termine, è il virus che l’ha uccisa. Esso consta, nel migliore dei casi, di una resa alla vita attuale e ordinaria, o addirittura della scelta di essa; di baronismo, “carriera”, conferenze e pubblicazioni, nel peggiore.
La causa più profonda e ormai invisibile dell’accademismo è lo smarrimento dello scopo della filosofia.
Chi oggi “si occupa” di filosofia punta  all’affermazione personale o al “mestiere di filosofo”, ossia il docente, lo studente, il saggista, il giornalista, lo storico (o addirittura l'”opinionista”, la cui sinonimia con “filosofo” è impossibile per definizione).

3.
Scopo della filosofia è la conoscenza. Significato del termine “filosofia” è, né più né meno che letteralmente, l’amore della sapienza.
Per “sapienza” s’intende la conoscenza dei principi che regolano il mondo, nel senso più complessivo del termine, o la comprensione più inoppugnabile del perché tali principi non possano darsi, nel caso non si diano.
Essa, per ciò, non è né scienza, nel senso moderno del termine, né mera espressione artistica; la sua aspirazione è mistica ma il suo metodo è razionale.
In tal senso, la filosofia deve rinascere in quanto necessità umana. La necessità esistenziale per eccellenza, per alcuni uomini.

4.
Osta alla rinascita della filosofia l’intero sistema attuale di valori. La filosofia è l’unica vera perversione contemporanea, ciò che è più implicitamente vietato!
Essa, infatti, aspira alla massima inutilità, ponendo nella sapienza il valore maggiore.

5.
La rinascita della filosofia avviene abbandonando tutte le lusinghe dell’attualità. I soldi, il lavoro e il sesso non sono fini ma mezzi per il sostentamento della biologia  dell’essere umano, nient’altro.
Il successo e l’ammirazione dei più, invece, sono semplicemente disvalori.
Le pubblicazioni, le conferenze, la “pubblicità”, lo strepito, il “sociale” e l'”attuale” sono dannosi, prima ancora che inutili, allo scopo filosofico.
L’impegno politico del filosofo riguarda, al massimo, la comunità dei filosofi, solo per essa la sua battaglia.
Non pubblica “libri di filosofia”. La scrittura, in filosofia, ha solo valore mnemonico.
Non fa “conferenze filosofiche”, la conoscenza si trasmette e si riceve, al più, dialetticamente, affrontando amichevolmente altri filosofi in carne ed ossa.
Non promuove se stesso ma ricerca con dedizione ciò di cui ha bisogno vitale.
E’ umile, ma indifferente all’approvazione altrui. Piegarsi ai valori altrui è, anzi, la sola possibile forma di fallimento personale.

6.
Sarà dunque chiaro al lettore che il presente manifesto è differente da ogni altro manifesto tipico, essendo implicitamente impolitico e asociale. Esso non propone idee-guida né linee d’azione perché non vuole organizzare né incrementare nessun potere. Non indica, insomma, vie da percorrere all’idiozia ma, semplicemente e risolutamente, la rifiuta.
Per rendersi pratico non propone cose da fare ma, con un salto logico, punta all’interiorità del lettore e all’unico pensiero vincolante al cambiamento: la rinascita della filosofia non è che un riconoscerla per il suo brillio di diamante nei fanghi dell’attualità.
Se ci si riconosce filosofi, il resto è conseguenza pratica.

(primavera 2010)

 
 
 
 

121.

L'efficacia del modello comportamentista in psicoterapia non significa altro che la realizzazione del suo presupposto scientifico, e non certo qualche tipo di "guarigione": si deve puntare all'utilità. Non mi stupisce che esso sia "utile", rendendo l'uomo utile alla società, ma che tale visione sia fatta propria con entusiasmo persino dai filosofi! All'uomo di scienza posso concedere, come un errore quasi inconsapevole, di costringere l'esistenza umana in una struttura epistemica incapace di contenerla, ma al filosofo non concedo un modo tanto imbecille di rendersi inutile.

  
   
  

119.


Dello spammismo.
Vattimo e i suoi discepoli incarnano perfettamente la morte della filosofia e sono già oltre il "pensiero debole" di cui parlano. Possono, a buon diritto, considerarsi i fondatori della più massiccia corrente pseudofilosofica contemporanea: lo spammismo. In essi il pensiero è già morto e si è tramutato in marketing, lo spam in attività primaria: oltre la pochezza del pensiero è l’invasiva autopromozione a dover trionfare, bisogna vendere libri che non lasceranno traccia di sé. Verranno obliati ma a loro non importa, come iene vivono della putrefazione della filosofia che loro stessi hanno voluto cadavere.
 
 
 
 

109.


Abbozzo di una teoria delle totalità

1. Dati immediati della conoscenza sono le rappresentazioni. Manifestazione linguistica delle rappresentazioni conoscitive sono le significazioni.

2. Nonostante la significazione possa essere un “fare” (in senso utilitaristico, dunque una tecnica) piuttosto che (o insieme a) un “riferimento a un ente”, ciò non può valere per la rappresentazione vera e propria, il mero considerarla un “fare”, infatti, sarebbe sempre ancora una forma di riferimento all’ente astratto “rappresentazione”. Ovunque ci si rappresenti qualcosa, si presuppone, anche implicitamente o inconsciamente che “così stanno le cose” – questo è appunto il riferimento. Poco importa se il riferimento sia soggettivo o convenzionale invece che oggettivo o che riguardi astrazioni piuttosto che entità fisiche, ovunque ci sia rappresentazione, ci si riferisce a un ente supposto reale. Considereremo quindi le rappresentazioni conoscitive equivalenti a designazioni.

3. Condizioni necessarie delle designazioni sono il punto di vista esterno a ciò che viene designato e significato e, in senso lato, la nozione di verità, sia essa anche implicita, strumentale e/o convenzionale.

4. Da ciò segue l’impossibilità delle designazioni assolute, ossia delle rappresentazioni di enti che contengano implicitamente ogni possibile punto di vista esterno (“totalità”). Esempi di tali enti sono il soggetto in senso idealistico, il mondo (insieme di tutti gli enti, osservatori compresi), la coscienza in senso immediato. Seconda caratteristica peculiare delle totalità è, paradossalmente, la loro apparente necessità razionale, nel senso che deduciamo necessariamente la presenza degli enti da esse designati ma non possiamo rappresentarli immediatamente. Esse cioè sono deducibili logicamente dalle più comuni visioni del mondo. P.e. il mondo come insieme universale è ottenuto a partire dai suoi membri che possono essere facilmente rappresentati e significati. In questo esempio l’unico modo logico di uscire dall’impasse è vietare la possibilità di insiemi universali o postulare gerarchie logiche.

5. In senso extralogico, le totalità sono però salvabili come simboli assoluti o espressioni, ossia designazioni dell’immediato e non di enti. Una designazione dell’immediato corrisponde linguisticamente a una metafora il cui riferimento è irrintracciabile (“metafora assoluta”), da un punto di vista esistenzialistico è un’allusione alla vita immediata (ciò che è vissuto immediatamente senza essere, né poter essere rappresentato e significato, compresa l’attività del pensare).
 
6. Tutti gli enunciati o intere teorie che fanno uso di totalità (in cui cioè termini che hanno un significato chiaro siano collegati alle totalità, apparendo nel loro complesso come descrizioni sensate) sono, a loro volta, o logicamente vietati o espressioni.
 
7. La filosofia è spesso il tentativo di costruire teorie logicamente sensate riguardanti le totalità; in quanto tale è destinata a naufragare, superata da un lato dalle scienze sperimentali, dall’altro dalla poesia e dalla mistica: i problemi filosofici ritenuti essenziali (per esempio la morte in quanto fine della coscienza) sono o insensati o necessariamente irrisolvibili, o meglio: risolvibili  vivendo l’immediato, il che significa non pensandoci.

(20-01-10)

106.


Se si riuscisse a dimostrare, attraverso un rigoroso procedimento logico-formale, che l’ignoranza umana riguardo i principi che regolano la realtà, è necessaria e non contingente, allora l’umanità avrebbe assolto il proprio compito e il principale problema filosofico sarebbe risolto.