Capire qualcosa è attaccarlo per il timore di esserne attaccati?
Capire qualcosa è attaccarlo per il timore di esserne attaccati?
Nietzsche o la massima espressione del masochismo in filosofia. Attaccarsi alla verità più brutta per il solo motivo che è quella che provoca più sofferenza e più spocchia.
Pare che per vivere, la furbizia sia più importante dell’intelligenza, quest’ultima però non è che la furbizia più lungimirante.
Se Dio vuole che crediamo in lui è perché probabilmente non crede in se stesso.
Si dice che con l’avanzare dell’età diventiamo più saggi ma io penso che sia vero il contrario: quanto più vediamo prossima la dipartita dal mondo, tanto più guadagnamo il coraggio d’assecondare la nostra follia.
Come i cani che pisciano per demarcare il proprio territorio, gli uomini giudicano istintivamente, non interessa loro conoscere il mondo ma possederne una particella.
Insegui il tuo demone ma non farti giudicare da lui, potrebbe darsi il caso che sia un imbecille.
2. Nonostante la significazione possa essere un “fare” (in senso utilitaristico, dunque una tecnica) piuttosto che (o insieme a) un “riferimento a un ente”, ciò non può valere per la rappresentazione vera e propria, il mero considerarla un “fare”, infatti, sarebbe sempre ancora una forma di riferimento all’ente astratto “rappresentazione”. Ovunque ci si rappresenti qualcosa, si presuppone, anche implicitamente o inconsciamente che “così stanno le cose” – questo è appunto il riferimento. Poco importa se il riferimento sia soggettivo o convenzionale invece che oggettivo o che riguardi astrazioni piuttosto che entità fisiche, ovunque ci sia rappresentazione, ci si riferisce a un ente supposto reale. Considereremo quindi le rappresentazioni conoscitive equivalenti a designazioni.
3. Condizioni necessarie delle designazioni sono il punto di vista esterno a ciò che viene designato e significato e, in senso lato, la nozione di verità, sia essa anche implicita, strumentale e/o convenzionale.
4. Da ciò segue l’impossibilità delle designazioni assolute, ossia delle rappresentazioni di enti che contengano implicitamente ogni possibile punto di vista esterno (“totalità”). Esempi di tali enti sono il soggetto in senso idealistico, il mondo (insieme di tutti gli enti, osservatori compresi), la coscienza in senso immediato. Seconda caratteristica peculiare delle totalità è, paradossalmente, la loro apparente necessità razionale, nel senso che deduciamo necessariamente la presenza degli enti da esse designati ma non possiamo rappresentarli immediatamente. Esse cioè sono deducibili logicamente dalle più comuni visioni del mondo. P.e. il mondo come insieme universale è ottenuto a partire dai suoi membri che possono essere facilmente rappresentati e significati. In questo esempio l’unico modo logico di uscire dall’impasse è vietare la possibilità di insiemi universali o postulare gerarchie logiche.
5. In senso extralogico, le totalità sono però salvabili come simboli assoluti o espressioni, ossia designazioni dell’immediato e non di enti. Una designazione dell’immediato corrisponde linguisticamente a una metafora il cui riferimento è irrintracciabile (“metafora assoluta”), da un punto di vista esistenzialistico è un’allusione alla vita immediata (ciò che è vissuto immediatamente senza essere, né poter essere rappresentato e significato, compresa l’attività del pensare).
6. Tutti gli enunciati o intere teorie che fanno uso di totalità (in cui cioè termini che hanno un significato chiaro siano collegati alle totalità, apparendo nel loro complesso come descrizioni sensate) sono, a loro volta, o logicamente vietati o espressioni.
7. La filosofia è spesso il tentativo di costruire teorie logicamente sensate riguardanti le totalità; in quanto tale è destinata a naufragare, superata da un lato dalle scienze sperimentali, dall’altro dalla poesia e dalla mistica: i problemi filosofici ritenuti essenziali (per esempio la morte in quanto fine della coscienza) sono o insensati o necessariamente irrisolvibili, o meglio: risolvibili vivendo l’immediato, il che significa non pensandoci.
(20-01-10)
La liberazione della donna ha avuto di buono il fatto d’aver mostrato efficacemente quanto il femminismo si sbagliasse.
La maturità è la misura della quantità d’esperienza, quest’ultima la misura della quantità di fallimenti utili.
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