135.


Il senso del possesso è in funzione del distacco dall'oggetto posseduto; che si tratti di relazioni umane o di relazioni conoscitive. Qui è il paradosso, umanamente e conoscitivamente: quanto più si afferra l'oggetto, tanto più lo si perde.

 
 
 

131. MANIFESTO PER LA RINASCITA DELLA FILOSOFIA

1.
La filosofia è, di fatto, morta.
Si è trasformata principalmente in storiografia, critica della scienze sperimentali e letteratura.

2.
L’accademismo, nel senso più lato del termine, è il virus che l’ha uccisa. Esso consta, nel migliore dei casi, di una resa alla vita attuale e ordinaria, o addirittura della scelta di essa; di baronismo, “carriera”, conferenze e pubblicazioni, nel peggiore.
La causa più profonda e ormai invisibile dell’accademismo è lo smarrimento dello scopo della filosofia.
Chi oggi “si occupa” di filosofia punta  all’affermazione personale o al “mestiere di filosofo”, ossia il docente, lo studente, il saggista, il giornalista, lo storico (o addirittura l'”opinionista”, la cui sinonimia con “filosofo” è impossibile per definizione).

3.
Scopo della filosofia è la conoscenza. Significato del termine “filosofia” è, né più né meno che letteralmente, l’amore della sapienza.
Per “sapienza” s’intende la conoscenza dei principi che regolano il mondo, nel senso più complessivo del termine, o la comprensione più inoppugnabile del perché tali principi non possano darsi, nel caso non si diano.
Essa, per ciò, non è né scienza, nel senso moderno del termine, né mera espressione artistica; la sua aspirazione è mistica ma il suo metodo è razionale.
In tal senso, la filosofia deve rinascere in quanto necessità umana. La necessità esistenziale per eccellenza, per alcuni uomini.

4.
Osta alla rinascita della filosofia l’intero sistema attuale di valori. La filosofia è l’unica vera perversione contemporanea, ciò che è più implicitamente vietato!
Essa, infatti, aspira alla massima inutilità, ponendo nella sapienza il valore maggiore.

5.
La rinascita della filosofia avviene abbandonando tutte le lusinghe dell’attualità. I soldi, il lavoro e il sesso non sono fini ma mezzi per il sostentamento della biologia  dell’essere umano, nient’altro.
Il successo e l’ammirazione dei più, invece, sono semplicemente disvalori.
Le pubblicazioni, le conferenze, la “pubblicità”, lo strepito, il “sociale” e l'”attuale” sono dannosi, prima ancora che inutili, allo scopo filosofico.
L’impegno politico del filosofo riguarda, al massimo, la comunità dei filosofi, solo per essa la sua battaglia.
Non pubblica “libri di filosofia”. La scrittura, in filosofia, ha solo valore mnemonico.
Non fa “conferenze filosofiche”, la conoscenza si trasmette e si riceve, al più, dialetticamente, affrontando amichevolmente altri filosofi in carne ed ossa.
Non promuove se stesso ma ricerca con dedizione ciò di cui ha bisogno vitale.
E’ umile, ma indifferente all’approvazione altrui. Piegarsi ai valori altrui è, anzi, la sola possibile forma di fallimento personale.

6.
Sarà dunque chiaro al lettore che il presente manifesto è differente da ogni altro manifesto tipico, essendo implicitamente impolitico e asociale. Esso non propone idee-guida né linee d’azione perché non vuole organizzare né incrementare nessun potere. Non indica, insomma, vie da percorrere all’idiozia ma, semplicemente e risolutamente, la rifiuta.
Per rendersi pratico non propone cose da fare ma, con un salto logico, punta all’interiorità del lettore e all’unico pensiero vincolante al cambiamento: la rinascita della filosofia non è che un riconoscerla per il suo brillio di diamante nei fanghi dell’attualità.
Se ci si riconosce filosofi, il resto è conseguenza pratica.

(primavera 2010)